TRA PRUDENZA E PRECEDENZA di C.Putrone

TRA PRUDENZA E PRECEDENZA di C.Putrone

LA GIURISPRUDENZA CONFERMA CHE LA PRECEDENZA CEDE SEMPRE IL PASSO ALLA PRUDENZA

      di Calogero Putrone (1)

Abstract:

La precedenza non è un diritto assoluto ma è una situazione di favore che comunque è seconda all’obbligo “massima” di prudenza che incombe su tutti i conducenti e, pertanto, in caso di sinistri può essere sanzionato ed essere addebitato di colpa anche chi, pur avendo il diritto di precedenza, non ha attuato tutti i comportamenti prudenziali necessari a evitare l’incidente stradale.

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(1) Comandante della Polizia Locale di Porto Empedocle (AG), socio UPLI.

Premessa

Che il nostro codice della strada sia la legge più modificata, rivista e corretta del nostro ordinamento giuridico, non ci sono affatto dubbi, così come non ce ne sono sul fatto che, tra le tante fattispecie disciplinate da questa legge speciale, una tra quelle che hanno maggiormente fatto discutere la giurisprudenza, è sicuramente quella del diritto di precedenza.

Chiunque eserciti attività di polizia stradale, si è trovato in diversi casi a ricostruire dinamiche di sinistri stradali causati da imprudenza e, molto spesso, associata a mancato rispetto della precedenza.

Per esperienza personale, posso affermare che non è semplice la difesa di una contestazione, in materia di precedenza, soprattutto avanti il Giudice di Pace, non a caso simpaticamente chiamati dall’amico e maestro Mimmo Carola Giudici di Guerra.

Il vero problema si presenta frequentemente quando gli accertatori hanno contestato un comportamento imprudente anche nei confronti di quei conducenti che percorrevano una strada con diritto di precedenza, quasi come se tale diritto fosse unicum e completamente asettico nei confronti del principio dei principi che il nostro codice della strada identifica proprio nel procedere sempre con massima prudenza, dunque anche quando si ha diritto di precedenza.

Non è stato affatto risparmiato dall’esprimersi sull’argomento, anche il Giudice delle Leggi, costretto a esaminare, in diverse occasioni, liti aventi quale tema proprio il diritto di precedenza e la sua coesistenza in presenza di una violata prudenza ed è evidente come, anche l’opinione della Cassazione, converga sul fatto che, effettivamente, l’obbligo di prudenza sia da considerare assoluto e prevalente anche rispetto al diritto di precedenza.

Tra precedenza e prudenza

In sintesi anche secondo la massima giurisprudenza, la precedenza deve cedere il passo alla prudenza.

Ne consegue dunque, che il diritto di precedenza, per la verità al pari di tanti altri che ne riconosce il Codice, non è da intendersi come un diritto assoluto bensì un diritto relativo al punto che, proprio la stessa Corte di Cassazione, avvalora l’esistenza di un altro principio o meglio, di un altro diritto: quello della precedenza di fatto, di cui vedremo meglio più avanti.

Qui basta solo per comprendere quanta attenzione e tutela ha il nostro codice della strada verso gli utenti e noi, che esercitiamo il gravoso compito di promuovere la sensibilizzazione degli utenti della strada verso il rispetto delle sue regole per tentare di prevenire incidenti e di effettuare i rilievi dei sinistri stradali, siamo i primi testimoni del fatto che, la quasi totalità di questi, è solo da addebitare a comportamenti imprudenti e/o negligenti, tra cui meritano un posto di rilievo le distrazioni.

In questo senso è di supporto lo studio di una controdeduzione conseguente a un ricorso appena ricevuto dalla Prefettura di Agrigento, avente proprio ad oggetto la contestazione addebitata all’utente della strada che, immessosi in una rotatoria all’italiana, non dava precedenza al conducente che aveva la destra libera, a sua volta sanzionato per non avere usato la massima prudenza.

Per ciò che riguarda l’obbligo di prudenza, è chiara l’intenzione del legislatore nello stilare il nostro Codice della strada, il principio informatore proposto dall’art.140-Principio informatore della circolazione, che così recita:

“1. Gli utenti della strada devono comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione ed in modo che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale.

  1. I singoli comportamenti, oltre quanto già previsto nei precedenti titoli, sono fissati dalle norme che seguono.”

Quindi la norma prescrive sempre e solo comportamenti imperniati sulla prudenza, concetto questo che non viene più abbandonato dagli articoli che seguono bensì si fortifica in essi convergendo a una sintesi molto chiara: tutti gli utenti della strada devono obbligatoriamente mantenere la massima prudenza finché circolanti.

Non resta dunque che esaminare in modo dettagliato i due concetti in argomento, ossia prudenza e precedenza, in modo da ben comprendere come per il nostro codice della strada, siano tra loro, assolutamente inscindibili.

Il concetto di prudenza

Abbiamo visto in premessa, che il concetto di prudenza, è facilmente desumibile dalla semplice lettura del breve articolo 140: gli articoli che seguono, pretendono atteggiamenti prudenti dei conducenti esaminando fattispecie diverse.

Troviamo ben espresso il concetto di prudenza, attraverso l’obbligo, imposto dall’art.141 CdS comma 3, di procedere a una velocità adeguata, e, in particolare, il suo primo comma prescrive ai conducenti l’obbligo di mantenere un’andatura adeguata alle circostanze di traffico, alle condizioni della strada, alle caratteristiche, al carico e allo stato del veicolo o in presenza di particolari circostanze, primo tra tutti il comportamento degli altri utenti, il percepire l’esistenza di un pericolo.

Altra conferma si ottiene dal comma 2 dello stesso articolo 141 CdS, che impone una guida tale da permettere il perfetto e completo controllo del veicolo, addebitando sanzioni in caso di mancato controllo o perdita di controllo del veicolo, altra fattispecie trattata dalla medesima norma, è quella di circolare ad una velocità non commisurata alle situazioni ambientali, ossia non tenendo conto o della conformazione geometrico-strutturale della strada o atmosferiche.

Quanto il concetto di prudenza, sia preteso dal nostro Codice della strada, lo si evince bene anche dal comma 4 dell’articolo in parola, che obbliga a ridurre la velocità fino a fermarsi, per evitare situazioni di pericolo, dunque al fine evitare incidenti, per dare precedenza ai pedoni che attraversano, perché indugiano sulla strada, per la presenza di incrocio malagevole, di intersezioni e per la presenza di animali.

A parte il vietare le gare di velocità, al comma 5, l’articolo esaminato, al successivo comma 6, obbliga i conducenti, a mantenere un’andatura adeguata evitando di procedere a velocità eccessivamente ridotta, poiché, anche in tale caso, un veicolo trasformandosi in un ostacolo, possono causare incidenti e situazioni di pericolo.

Sul concetto di prudenza poggia anche l’articolo 142 CdS, che la tratta però secondo la prospettiva dei limiti di velocità e le conseguenze in cui incorre chi li supera, con il principio cardine che resta sempre quello di mantenere un’andatura prudente peraltro facilitata anche dall’indicazione dei limiti medesimi.

Lo stesso dicasi per il successivo articolo 143 CdS, che prescrive, caso per caso, la posizione che deve mantenere un veicolo sulla carreggiata, inserendo il rigoroso principio generale della destra come mano da tenere sempre, rigorosamente e parassiale, il cui rispetto, permette di circolare in modo corretto, ordinato e sicuro, se accompagnato dal rispetto di tutti gli altri obblighi che il codice prescrive negli articoli che precedono.

Nell’art.145 CdS che tratta della precedenza, il suo primo comma ancora si dedica interamente al concetto di prudenza, prescrivendo sanzioni per tutti i conducenti che: “…approssimandosi ad una intersezione, non usino la massima prudenza al fine di evitare incidenti”.

Chiaramente, tale prescrizione può tranquillamente riguardare anche il conducente che prosegue su una strada con diritto di precedenza.

Il diritto di precedenza

Avendo chiarito nel paragrafo che precede, il concetto di prudenza, adesso occorre esaminare l’art.145 CdS, che disciplina la precedenza, partendo proprio dalla lettura della norma in parola che così recita.

“1. I conducenti, approssimandosi ad una intersezione, devono usare la massima prudenza al fine di evitare incidenti.

  1. Quando due veicoli stanno per impegnare una intersezione, ovvero laddove le loro traiettorie stiano comunque per intersecarsi, si ha l’obbligo di dare la precedenza a chi proviene da destra, salvo diversa segnalazione.
  2. Negli attraversamenti di linee ferroviarie e tranviarie i conducenti hanno l’obbligo di dare la precedenza ai veicoli circolanti su rotaie, salvo diversa segnalazione.
  3. I conducenti devono dare la precedenza agli altri veicoli nelle intersezioni nelle quali sia così stabilito dall’autorità competente ai sensi dell’art. 37 e la prescrizione sia resa nota con apposito segnale.

4-bis. I conducenti degli altri veicoli hanno l’obbligo di dare la precedenza ai velocipedi che transitano sulle strade urbane ciclabili o vi si immettono, anche da luogo non soggetto a pubblico passaggio.

4-ter. Lungo le strade urbane i conducenti degli altri veicoli hanno l’obbligo di dare la precedenza ai velocipedi che circolano sulle corsie ciclabili.

  1. I conducenti sono tenuti a fermarsi in corrispondenza della striscia di arresto, prima di immettersi nella intersezione, quando sia così stabilito dall’autorità competente ai sensi dell’art. 37 e la prescrizione sia resa nota con apposito segnale.
  2. Negli sbocchi su strada da luoghi non soggetti a pubblico passaggio i conducenti hanno l’obbligo di arrestarsi e dare la precedenza a chi circola sulla strada.
  3. È vietato impegnare una intersezione o un attraversamento di linee ferroviarie o tranviarie quando il conducente non ha la possibilità di proseguire e sgombrare in breve tempo l’area di manovra in modo da consentire il transito dei veicoli provenienti da altre direzioni.
  4. Negli sbocchi su strada di sentieri, tratturi, mulattiere e piste ciclabili è fatto obbligo al conducente di arrestarsi e dare la precedenza a chi circola sulla strada. L’obbligo sussiste anche se le caratteristiche di dette vie variano nell’immediata prossimità dello sbocco sulla strada.
  5. I conducenti di veicoli su rotaia devono rispettare i segnali negativi della precedenza.
  6. Chiunque viola le disposizioni di cui al presente articolo è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da € 167 a € 666.
  7. Quando lo stesso soggetto sia incorso, in un periodo di due anni, in una delle violazioni di cui al comma 10 per almeno due volte, all’ultima infrazione consegue la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente da uno a tre mesi, ai sensi del capo I, sezione II, del titolo VI.”.

La lettura della norma permette di comprendere come il legislatore, anche nel regolamentare il diritto di precedenza tra veicoli che seguono traiettorie tra loro intersecanti, anteponga sempre e comunque l’obbligo della massima prudenza, ciò a significare che la violazione di cui al primo comma dell’art.145 CdS, può essere accertata anche nei confronti del conducente che procede su strada con diritto di precedenza.

Il caso più scontato è quello, peraltro molto frequente nel rilievo di un sinistro, causato si da un mancato rispetto del diritto di precedenza da parte di uno dei due conducenti, ma con collisione tra i due veicoli, conseguente a una velocità eccessiva anche da parte del conducente che ha diritto di precedenza, diritto che, dalla sua condotta, diventa pretesa a tutti i costi, dunque anche la chiara visione di un veicolo che procede su traiettoria intersecante la propria non rallenta al fine di evitare la collisione.

Per esperienza maturata presso il Giudice di Pace di Agrigento, spesso la contestazione della violazione dell’art.145 CdS comma 1 e 10, non è stata condivisa in sede di ricorso, quasi sempre nella convinzione che chi ha la precedenza, non debba usare quella prudenza che la norma invece, obbliga in capo a tutti i conducenti peraltro in modo chiaro e senza pericolo di interpretazione discrezionale.

In casi in cui tale violazione risulti scontata, perché supportata nella suo esistenza, dalla consistenza del danno riportato dai veicoli, dall’esame dei punti di collisione, dalla posizione statica post incidente assunta dai veicoli, ossia in presenza di inconfutabili elementi che comprovano tale violazione da parte di un conducete seppur con diritto di precedenza, tutto pare naufragare all’interno di quelle aule, demolendo così un lavoro certosino effettuato dagli accertatori in occasione del rilievo del sinistro.

Eppure, ci si permette di far notare, che nel primo comma dell’art.145 CdS, il legislatore non pretende la semplice prudenza dei conducenti -e non solo di chi ha obbligo di dare precedenza- ma addirittura la “massima” prudenza!

Per parafrasare il nostro buon maestro Mimmo Carola, non potendo né ritenendo opportuno fare la guerra al Giudice di Pace, si è constatato, sempre da casistica riferita a quello di Agrigento, che se purtroppo quasi non si accetta la violazione in parola, ha diversa e miglior sorte la contestazione di una velocità non adeguata ex art.141 CdS.

Tra i due mali vale la pena sempre scegliere il minore, soprattutto se fai parte di un Ente che, neanche davanti a casi eclatanti, intenda opporsi ad una sentenza sfavorevole del Giudice di Pace.

Di necessità virtù, ma senza sorriso.

La giurisprudenza su precedenza e prudenza

Come anticipato in premessa, il tema trattato è uno dei più dibattuti del nostro codice della strada, sia dalla Cassazione Civile che dalla Cassazione Penale, essendo sia l’articolo 145 CdS e anche gli altri che lo precedono, tra i più contestati in occasione di sinistri stradali.

Proprio sul concetto di precedenza di fatto, pienamente accettato dalla Giurisprudenza, interessante la sentenza della Corte di Cassazione Civile n.8138 del 23 aprile 2020, che conferma l’esistenza di una precedenza di fatto oltre che di diritto, ossia di quella precedenza che sussiste soltanto quando un veicolo, seppur privo di diritto di precedenza, si approssima a un’intersezione con tanto anticipo da consentirgli di attraversare l’incrocio senza che i veicoli provenienti da strada con diritto di precedenza, per evitare collisioni siano costretti a rallentare oltre i limiti richiesti dall’intersezione o addirittura siano costretti a fermarsi., nonostante beneficino del diritto di precedenza.

La sentenza conferma dunque che, in caso di anticipo significativo all’incrocio da parte del conducente privo di precedenza, questi la può acquisire rispetto all’altro -la c.d. situazione di precedenza di fatto- e anche in caso di precedenza legale, chi ne beneficia debba comunque prestare attenzione alle manovre degli altri conducenti, ma tali circostanze devono essere allegate e provate in giudizio.

In sintesi da una parte riconosce l’esistenza di una precedenza di fatto ma, allo stesso tempo, anche l’obbligo di massima prudenza di chi si approssima all’intersezione, anche se con diritto di precedenza.

Ancora sulla perfetta coesistenza di diritto di precedenza e massima prudenza per chiunque si approssima a un’intersezione, meritevole di interesse è la sentenza della Corte di cassazione n.27989 del 06 giugno 2017, che ha riconosciuto il concorso di colpa nella misura del 50% tra due conducenti di autoveicoli, dei quali l’uno non rispettava lo stop all’incrocio e l’altro viaggiava a velocità molto elevata nella intersezione.

In questo breve lavoro di ricerca, mi ha incuriosito quanto deciso da un Giudice di pace i Ruvo di Puglia nel 2012, ché ha annullato il verbale di contestazione elevato dalla Polizia Municipale di Terlizzi che, dopo avere rilevato un sinistro stradale, aveva semplicemente multato entrambi i conducenti coinvolti in un incidente a un incrocio poiché l’articolo 145 CdS obbliga a “usare la massima prudenza” vicino a ogni incrocio, indipendentemente dal fatto di avere o no la precedenza.

Il giudice pugliese scrisse: «Il conducente che impegna un incrocio senza dare la dovuta precedenza, fidando colposamente nella possibilità di attraversare indenne l’intersezione, ha responsabilità esclusiva nella causazione del sinistro senza che sia necessario valutare l’osservanza delle regole di prudenza dell’altro conducente avente diritto di precedenza».

Fin qui, va solo in direzione opposta a giurisprudenza acclarata della Corte di Cassazione che, come visto, sancisce perfettamente l’esistenza di una precedenza di fatto in base alla quale, chi ha la precedenza legale, deve lasciare passare l’altro veicolo se ha già impegnato l’incrocio.

Ma nel prosieguo della sentenza, il magistrato onorario così scrisse: «A volte viene il sospetto che alla chiamata delle autorità in caso di un incidente automobilistico segua sempre una specie di “tassa” indiscriminata per i conducenti, consistente nell’irrogazione di una sanzione indipendente dalla responsabilità del sinistro ma dovuta per il solo fatto di esserne stati implicati».

Dunque il rilievo dei colleghi, demolito da questa convinzione -e quante volte riceviamo sentenze che vanificano certosino lavoro prive di basi e senso logico, addebitando agli accertatori per esempio genericità della motivazione- ma rileggendo quella motivazione è tutto così chiaro che non si comprende cos’altro si sarebbe dovuto precisare.

Continuando nell’esame di importanti pronunce del Giudice delle leggi, si ritiene importante proporre la lettura dell’estratto della sentenza della Cassazione penale, sez. IV, sentenza 07/12/2000.n.12789: «Ebbene, il Collegio osserva che correttamente viene affermata la sussistenza della colpa nel caso in cui un automobilista, nell’accingersi ad attraversare un incrocio molto ampio subito dopo che la luce semaforica verde gli abbia consentito la ripresa della marcia, abusi del diritto di precedenza omettendo, per ciò stesso, qualsiasi cautela, tanto più quando non abbia la visuale completamente libera da entrambi i Iati e dovendosi comunque accertare se qualche pedone, anche colpevolmente, non sia riuscito a completare l’attraversamento ed essendo suo obbligo, in tal caso, di consentire al pedone attardatosi di guadagnare la sicurezza del marciapiedi opposto. Il diritto di precedenza, infatti, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, non è mai assoluto e non autorizza una condotta di guida negligente ed oggettivamente pericolosa per la sicurezza degli altri utenti della strada che, anche eventualmente per colpa, possano interferire nella direttrice di marcia del veicolo privilegiato. Da queste premesse discende, altresì, anche la corretta graduazione della colpa (attribuita, in riforma della sentenza di primo grado, dai giudici di appello al solo automobilista con esclusione, quindi, di ogni profilo di colpa nella condotta del pedone investito) che, allo stesso modo della ricostruzione del fatto generatore del danno ed della valutazione della condotta sotto il profilo della colpa e del nesso causale, integra un ulteriore giudizio di fatto censurabile in sede di legittimità non per gli apprezzamenti di merito di cui si sostanzia ma solo per la inadeguatezza logica del procedimento razionale posto a base della conclusione sul punto. Non è ammissibile neppure la censura relativa alla adeguatezza del giudizio di comparazione e del trattamento sanzionatorio che si basa su una presunta (ma non presente nella sentenza) valutazione critica da parte della Corte del comportamento del pedone».

Dunque nessun diritto, compreso quello che consegue al verde semaforico, può esimere da responsabilità chi lo vuole esercitare ad ogni costo, senza accettarne la sua “sudditanza” alla prudenza e non adegui a questo principio, la sua condotta.

Non volendo limitare le sentenze della Suprema Corte in materia di prudenza, alle sole fattispecie prescritte dall’art.145, si propone l’estratto della sentenza della Sez. 4 penale n.29272 del 04 luglio 2019, che definisce il concetto di principio di affidamento in tema di circolazione stradale, la sua correlazione all’obbligo di prudenza, richiamando altre importanti massime degli ermellini.

Il caso esaminato dalla Cassazione riguarda l’investimento di un pedone che attraversava una strada urbana al di fuori delle strisce pedonali ed in orario notturno, che aveva contestato al conducente la violazione dell’articolo 141 comma 2: «Ed invero, in tema di circolazione stradale il principio dell’affidamento trova un temperamento nell’opposto principio secondo il quale l’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui purché questo rientri nel limite della prevedibilità (Sez.4 Sentenza n.5691 del 02 febbraio 2016 e sentenza nr. 27513 del 10 maggio 2017) tanto che l’obbligo di moderare la velocità, in relazione alle caratteristiche del veicolo ed alle condizioni ambientali, va inteso nel senso che il conducente deve essere sempre in grado di padroneggiare il veicolo in ogni situazione» (Sezione IV sentenza nr. 25552 del 27 aprile 2017).

Dunque, nessuna exusatio per il conducente che non è in grado di arrestare prontamente il veicolo seppur in orario notturno e in occasione di un pedone che attraversa una strada urbana costeggiata da marciapiedi al di fuori delle strisce pedonali, per la suprema corte tale ostacolo rientra pienamente nelle condizioni di prevedibilità e, pertanto, la condotta deve essere adeguata al punto da evitare la collisione, tranne che il pedone: «…attraversi la sede stradale repentinamente e di corsa, fuori dalle strisce, a breve distanza da un veicolo che sta per sopraggiungere, divenendo così un ostacolo realmente imprevedibile. in tale fattispecie non può essere penalmente addebitato al conducente del veicolo, con il quale venga ad urto, a causa del difetto del nesso di causalità psicologica, sempre che non possa essere mosso al conducente alcun rimprovero per condotta imprudente, imperita, negligente, in violazione di specifiche norme concernenti la circolazione stradale» (Cassazione, sezione IV, sentenza 7161 del 20 aprile 1989).

Sul solco di questo orientamento, chiarisce meglio tale principio con più recente pronunciamento la medesima sezione penale affermando che: «…non può essere addebitata la responsabilità del sinistro al conducente che, per motivi estranei al suo obbligo di diligenza, si sia trovato nell’oggettiva impossibilità di notare il pedone e di osservare tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso ed imprevedibile» (Cassazione, sezione IV, sentenza 33207 del 2 luglio 2013).

Di seguito le conclusioni cui giungono la Corte di Cassazione Civile nella sua sentenza n.15108/2010, nella sua ordinanza n.13264 datata 11 giugno 2014 ed il Giudice di Pace di Padova nella sentenza n.381/2015, su un aspetto che riguarda molto da vicino l’operare delle Polizia Locali, soprattutto nella redazione di verbali di contestazioni scaturenti da ricostruzione ed attenta disamina della dinamica di un sinistro stradale, ci si riferisce al riconoscimento di efficacia probatoria privilegiata di questa tipologia di verbali.

La semplice e breve lettura delle due sintesi di cui sopra, evidenziano conclusioni opposte anche se la massima della Cassazione che si propone, sia temporalmente antecedente alla sentenza del Giudice di Pace.

Il verbale di accertamento per guida pericolosa, dal momento che si basa su una valutazione scaturente da un giudizio dei verbalizzanti, non gode dell’efficacia probatoria privilegiata prevista dall’art.2700 c.c. e, pertanto, il suo contenuto è soggetto al prudente apprezzamento del giudice in sede di opposizione, potendo, peraltro, essere contrastato anche con mezzi istruttori ordinari, così ha stabilito la Corte di Cassazione civile, sezione II, nella sentenza 22 giugno 2010, n.15108.

La Corte di Cassazione Civile, sezione VI nell’ordinanza n.13264 del 11/06/2014 enuncia il principio giuridico secondo cui, la violazione dell’art 141 C.d.S. è rimessa alla valutazione discrezionale dell’agente accertatore, che però è tenuto all’obbligo di motivazione del verbale: «Le Sezioni Unite di questa Corte di recente (SS.UU. n.17355 del 2009) hanno affermato che nel giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione relativo al pagamento di una sanzione amministrativa è ammessa la contestazione e la prova unicamente delle circostanze di fatto della violazione che non sono attestate nel verbale di accertamento come avvenute alla presenza del pubblico ufficiale… ».

Con la sentenza n. 381 del 20 marzo 2015 il Giudice di Pace di Padova ritorna sul tema della velocità pericolosa, ex art 141 comma 3 C.d.S., ribadendo, di fatto, il principio secondo cui il verbale redatto da pubblico ufficiale è comunque dotato di fede privilegiata ed una seppur sintetica motivazione del pubblico ufficiale è sufficiente per la contestazione della violazione. Giudice di Pace di Padova, sentenza 20 marzo 2015 n.381.

Chiaramente per chi come noi, è chiamato a difendere il lavoro faticoso del proprio personale posto in essere in occasione del delicato rilievo di un sinistro, la lettura delle conclusioni di cui sopra, non lo lasciano indifferente; non per il diverso soggetto che ha originato le sentenze, ma per l’ulteriore conferma che esperienza docet sul fatto che il principio sacrosanto che “la legge è uguale per tutti” nella realtà pare proprio meriti un “forse” prima di uguale, tutto dipende dal libero convincimento del giudice.

Non fa eccezione, in ultimo, anche nelle valutazioni della Suprema Corte, l’obbligo di massima prudenza di cui ai comportamenti prescritti dall’art.143 CdS, rispettando, nella propria condotta di guida, sia l’obbligo di procedere il più vicino possibile al suo margine destro, sia con attenzione rivolta anche al non rispetto di tale obbligo agli altri conducenti, ed essendo dunque, sempre in condizioni di rimediare a simili comportamenti ossia a posizione irregolare di altri veicoli sulla carreggiata, poiché l’invasione di corsia rientra tra i pericoli prevedibili.

In tal senso il breve estratto della recente sentenza della Corte di Cassazione n.2235/2020 «Al di là di ogni valutazione sulla gravità della condotta colposa della vittima, la stessa non può comunque annoverarsi tra gli eventi eccezionali, atipici e imprevedibili, costituendo anzi principio costantemente affermato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo cui, in tema di circolazione stradale, il conducente di un veicolo deve prefigurarsi anche l’invasione della corsia di marcia da parte degli altri veicoli che possono sopraggiungere in senso inverso, onde porsi nelle condizioni di porvi rimedio, atteso che tale accadimento rientra nella normale prevedibilità (vedi, per riferimenti, Sez. 4, n. 8090 del 15/11/2013, Saporito, Rv. 259277; Sez. 4, n.33385 del 08/07/2008, Ianniello, Rv. 240899; Sez. 4, n. 28615 del 14/06/2005, Pravettoni, Rv. 232445). Le norme sulla circolazione stradale, peraltro, impongono doveri di prudenza e diligenza proprio per far fronte a situazioni di pericolo determinate anche da comportamenti irresponsabili altrui, se prevedibili (Sez.4, n.32202 del 15/07/2010, Filippi, Rv. 248354)… ».

 

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